Il 15 giugno, in tutta Italia, riapriranno cinema e teatri. Un segnale che vuole indicare una ripartenza del Paese, seppur ancora prudente. Un segnale per l’appunto, niente di più. Perché il 15 giugno chi sarà effettivamente in grado di ritornare a lavorare?
Giugno è solitamente un mese legato alla fine delle stagioni teatrali e cinematografiche. Semmai inaugura la stagione dei festival e delle arene. Ma quanti festival hanno resistito alla pandemia, e facendo quali compromessi? Passata l’estate, cosa ci aspetta? Il rischio è quello di vivere una stagione di transizione fatta di pochi spettacoli, con pochi attori in scena, e con - probabilmente – poco pubblico in sala. Poco lavoro in buona sostanza. I grandi attori e i grandi teatri faranno certamente molta fatica, ma resisteranno. Gli attori “piccoli”, ma anche i medi, i cosiddetti comprimari, le piccole e medie compagnie, le piccole e medie sale teatrali, come riusciranno ad affrontare la stagione che verrà? Non hanno gli strumenti per affrontarla. Considerando che il settore è fermo dalla fine di febbraio, si rischia una quasi immobilità che andrà fino ad ottobre 2021. La crisi, per le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo, potrebbe durare più di un anno e mezzo.
Riaprire senza le reali condizioni per poter lavorare è un’ipocrisia istituzionalizzata. Riaprire senza la prospettiva di poter far circuitare i propri spettacoli è una falsa riapertura. Riaprire diminuendo drasticamente il numero di spettacoli prodotti e di opportunità di lavoro è un significante senza significato. È non vedere l’elefante nella stanza. Per questo, il 15 giugno, assisteremo alla più grande recita messa in scena dal Governo. Piccola postilla. Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo, ad oggi 29 maggio, non hanno ancora ricevuto il famoso bonus Inps di 600 euro relativo al mese di aprile. E siccome “con la cultura non si mangia”, di cosa dovremmo nutrirci nei mesi a seguire? Al nutrimento dell’anima ci pensiamo da soli, s’intende.
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